Sguardando + Paola Gaggiotti
A cura di Gabi Scardi
Mostra personale di Paola Sabatti Bassini e video di Paola Gaggiotti
Dal 25.04.1999 al 15.05.1999
Nei lavori di Paola Sabatti Bassini c'è un continuo tentativo di individuare o di determinare forme e profili, ma permane uno sfasamento tra le sagome sfocate di persone e oggetti che lei fotografa e le linee di contorno che vi si sovrappongono sotto forma di disegni o che su di esse si stagliano sotto forma di ombre sottoposte al mutare della luce durante la giornata.
Questo sfasamento riflette l'impossibilità di aderire fino in fondo alla realtà, la precarietà di ogni nostro tentativo di "messa in forma" del mondo, destinata comunque ad essere rimessa in discussione ad ogni sopravvenire di elementi nuovi.
Oggi il mondo sembra orientarsi verso l'alta definizione adottando uno sguardo analitico che circoscrive il frammento per metterlo perfettamente a fuoco (sia pure, a volte, a costo di perdere di vista l'insieme. Ma quale frammento può esistere, però, quando viene a mancare il quadro di riferimento?).
Ci sono invece momenti in cui la realtà viene percepita a bassissima definizione, le cose, gli eventi, le relazioni umane appaiono un po' indistinti, offuscati da qualcosa che le rende inafferrabili. E questo può essere un lusso, un modo per preservare un'area di libertà in cui ancora sia possibile operare una ridefinizione del mondo che ci sta intorno.
Dallo sfondo emergono allora elementi che lasciano spazio all'immagerie, all'interpretazione individuale, al crearsi di visioni personali.
L'indistinto può essere il luogo dell'incontro che deve ancora avvenire, dell'imprevisto che irrompe improvviso e cambia le regole del gioco, della rivelazione grazie alla quale le cose acquistano o svelano un significato.
Può permettere di cogliere quel "non-so-che", poco evidente ma tanto importante, che sta nascosto dietro ogni cosa e ogni relazione, ma da cui i dettagli delle immagini troppo nitide rischiano di distrarci.
In altri momenti il rapporto tra l'insieme e i dettagli s'inverte, sono i particolari a diventare importanti e a fare la differenza. Gli oggetti emergono dall'indistinto come se avanzassero verso lo spettatore con una presenza inequivocabile, con i loro contorni netti, con un segno preciso e un carattere di concretezza.
È solo nell'età infantile, a cui Paola si richiama talvolta esplicitamente, che l'immaginazione ha un tale carattere di realtà che il mondo immaginario viene a fondersi col mondo esterno.
Per il resto, oscilliamo sempre tra la sensazione di vivere profondamente la realtà identificandoci con essa e quella invece di sperimentarla solo attraverso un diaframma. Nell'esperienza personale e unica degli accadimenti, i momenti in cui il mondo appare fluido e sfocato convivono con gli altri in una dialettica continua. Sono due visioni complementari, in cui ciò che è guadagnato per l'una è perso per l'altra.
Gabi Scardi
Nella saletta video Careof presenta quattro video di Paola Gaggiotti:
Proprietà Privata, 1994, 4’
Rosa Rosae, 199,5 4’
Senza titolo, 1996, 5’
Maria, 1998, 10’
Testo di Paola Sabatti Bassini
Cosa posso riconoscere?
Un tentativo della mia curiosa difficoltà di mettere a fuoco le cose fa sì che io cerchi di definirle attraverso dei limiti, attraverso ciò che io credo di riconoscere e, nonostante me ne sfugga di continuo il senso, credo di poterne delineare l'apparenza secondo contorni che possano almeno suggerirne il significato.
Disegno soprattutto persone perché è soprattutto guardando gli altri che percepisco la sfocatura.
Eludere le cose, cercare di raggiungerle.
Come ridefinire ciò che si può solo cogliere?
Come circoscrivere con contorni per definire (tentare di definire) ciò che appare?
Essere all'altezza dei propri desideri ha qualcosa a che fare con la capacità di delineare porzioni di tutto quanto sembra esistere?
Se chi mi guarda ha la capacità di aggiungere valore alla mia esistenza, come sfuggire alla pretesa messa in forma di se stessi nello sguardo degli altri?
Spesso il mio sguardo è confuso, così i miei atti. L'attenzione mi s'incastra negli interstizi delle cose. Quel segno che contorna e pretende di definire spazi è il tentativo di un atto di volontà?
Non colgo che macchie, mi affanno sui contorni.
Io porto gli occhiali perché sono miope (quando me li levo non posso distinguere chiaramente neppure il suo viso, che amo). La correzione delle lenti mi dà la possibilità di fare un sacco di cose: guardare, osservare, riconoscere. Insomma, avere una certa illusione di saper mettere a fuoco la realtà. Ma se mi tolgo gli occhiali, tolgo la pelle, percepisco ombre, talvolta profumi, talvolta suoni, talvolta ricordi.
Non riuscire a riconoscere le cose offre la possibilità dell'incertezza, della sua interpretazione. D'altra parte, ciò che non si riconosce può essere collocato altrove, nei luoghi dell'immaginazione o della memoria.
Definire la realtà è tentare di comprenderla?
Tentare di definirla per sempre con una traccia, potrà giovare alla sua comprensione?
Il contorno, nella sua eccedenza di senso, sfugge anche a chi lo traccia. Disegnare non è rilevare, è una delle possibili messe in forma come pensiero dell'esistente, come fatto riconoscibile.
Ho demandato allo sguardo il piacere di pensare, di creare associazioni; all'illusione quello di sentire, di scoprire relazioni, e con svariate possibilità di significato del meraviglioso inganno.
Essere soggetti a sfocatura.
L'immaginazione gioca brutti scherzi, può sfumare le cose distinte, definire le sfocature e talvolta alterare il senso invertendo i termini di relazione: nero su bianco, traccia (delle cose); bianco su nero, solco (tra le cose).
La permeabilità degli accadimenti mette in forma (e in forse) la definizione stessa delle cose, non soltanto nel loro divenire, ma anche come dato di fatto. Anzi, la fattualità stessa viene messa in discussione così profondamente che ci si può anche domandare di che sostanza è il mondo. La sua assenza, come dato percettivo, offre la possibilità di cercarne una definizione concretamente astratta attraverso l'atto di disegnare per contorni.
Il risultato? Lo sguardo simulato e creduto così vero da potersi proporre come sostituzione, risultato di un'attitudine ad ingannarsi durante una specie di stato di grazia (non certamente salvifico) ereditato dalla propria strampalata infanzia a corrente alternata.
Occhi. Capelli. Bocca. Un incontro. Sorride? Sembra triste. Saranno amici. Li riconosco? Che sguardo! Di chi è? Chi è?
Per distinguere uso lo scandaglio.
Del resto, è pura immaginazione.