Manifestazione: 12 artisti europei contro l'emarginazione dei malati di mente
Da gennaio 2000, a Bologna, un grande manifesto in bianco e nero, diverso ogni mese, affisso nei normali spazi pubblicitari, ha scandito, con immagini e testi, messaggi di sensibilizzazione contro l'emarginazione dei malati psichici: argomento di cui oggi, passati gli anni in cui Basaglia ed alcuni intellettuali operavano per una integrazione, si parla poco.
Le immagini dei manifesti sono di 12 artisti europei, noti o emergenti: Franco Vaccari, Cateno Sanalitro, Karin Andersen, Sukran Moral, M+M, Thorsten Kirkoff, Marianne Heier, Balletti & Mercandelli, Camilla Adami, Italo Zuffi, Valeria Borsari Sabrina Torelli. Valeria Borsari è ideatrice dell'intero progetto.
Il nome dell'iniziativa "12 artisti europei contro l'emarginazione dei malati di mente", non lascia margine al dubbio. Equivale a una dichiarazione, significa che l'arte non è necessariamente un divertissment per chi ci vuol credere, nè si può accontentare di essere un polo di sperimentazione linguistica, ma che la sua vitalità dipende anche dalla capacità di confrontarsi con il contesto extrartistico e di pronunciarsi su tematiche quotidiane o su questioni legate alla sfera pubblica, d'infiltrarsi tra le pieghe della realtà per modificarne la percezione favorendo, tra chi ne fruisce, il sottrarsi al de'jà vu dell'abitudine.
L'artista, che opera da una ventina d'anni inserendo le proprie opere "nel reale" anzichè negli spazi istituzionali, è sempre stata interessata a problematiche di carattere sociale, e ha fondato, a sostegno dei malati psichici, l'associazione Percorso Vita, a Bologna. I testi che compaiono sui manifesti sono stati in qualche caso proposti dagli artisti stessi, più spesso sono stati suggeriti da una commissione di "esperti": sia perché il lavoro, sviluppatosi in 12 eventi successivi, risultasse un lavoro di gruppo, sia perché questo tipo di comunicazione necessita di competenze specifiche. Hanno, a volte, un carattere informativo, e tengono conto delle più aggiornate ricerche in questo settore. Ci ricordano che ognuno di noi deve fare i conti con una serie di pregiudizi radicati, oltre che con un bagaglio conoscitivo forzatamente lacunoso e che se "da vicino nessuno è normale", c'è chi ha bisogno di una mano in più.
Si tratta di uno di quei casi in cui l'arte, non dichiarandosi tale, ma tentando di attivare un meccanismo di consapevolezza ed offrendosi come "servizio" alla collettività, mostra la propria componente dialettica e si fa veramente "pubblica".
Gabi Scardi