Play
A CURA DI
Giovanni Surace, Guido Curto, Laura Cherubini, Cecilia Castrati, Matteo Chini, Lorenzo Taiuti e Roberto Daolio
Dal 08.05.2003 al 29.05.2003
Careof ospiterà la mostra dal 9 al 29 maggio Start e la videorassegna Play. Prima tappa di un progetto che si propone di verificare nel tempo i mutamenti, le direzioni, le intenzioni che animano la ricerca artistica delle ultime generazioni.
Start presenta i lavori di cinque giovani artisti. Il video in bianco e nero di Alexandros Kyriakides (Atene, 1979) ricorda i primi film muti o le vecchie documentazioni a scopo scientifico e divulgativo degli anni Sessanta. Con spiccata ironia, l’artista greco ci ripropone, a quarant’anni di distanza, situazioni che riprendono i primi tentativi di esplorazione dello spazio, ma rilette con nuovo spirito giocoso e tradotte in surreali brani di realtà. E anche la videoinstallazione di Rossella Biscotti (Bari, 1978) ci regala stralci di realtà, ma questa volta si tratta di una personale e intima presentazione del quotidiano che si basa su inquadrature fisse, creando situazioni spiazzanti che destabilizzano la normale percezione delle immagini in movimento e si avvicina così a una immobilità quasi fotografica. L’artista croata Dragana Sapanajos (Capodistria, 1979) presenta un progetto che si concretizza in accurati modellini, in piccole stanze in miniatura, le cui pareti in vetro permettono di scrutare all’interno. Un piccolo omino, controfigura del pubblico/fruitore, interagendo con la stanza ventilata, perde la padronanza del suo corpo e inizia a volteggiare nello spazio. Anche l’operazione di Luca Bertini (Lugano, 1979) tende a coinvolgere lo spettatore, ma in maniera più eterea e virtuale, passando attraverso la “rete”. L’artista realizza, infatti, una performance telematica che esce dallo spazio chiuso della galleria ed entra nella vita delle persone violandone la privacy. I suoi provocatori messaggi telefonici, inviati alcuni mesi prima dell’esposizione, si mimetizzano e arrivano a un pubblico ancora ignaro e dunque più vulnerabile. Di tutta altra natura è il lavoro di Barbara Aloisio (Sondrio, 1980) che, con maniacale minuzia, realizza graziosi vestitini per “riscaldare” gli organi interni del corpo proteicizzato del terzo millennio.
Parte integrante dell’evento, come si è già sottolineato, è la videorassegna Play, supportata da un testo critico di Matteo Chini. Accuratamente selezionata da operatori del settore nelle maggiori città italiane quali Giovanni Surace, Guido Curto, Laura Cherubini, Cecilia Casorati, Matteo Chini, Lorenzo Taiuti e Roberto Daolio, Play si concentra sul linguaggio specifico del video che, sempre di più, affascina e interessa gli artisti per forza d’impatto visivo e agilità di spostamento. La rassegna si propone infatti come evento itinerante e dopo una presentazione iniziale nello spazio di Care/of, sarà riproposta in altre sedi.
Rassegna con video di Laura Baldini; Lionice Cola; Emre Huner; Giorgio Cugno; Barbara Cucchiarati; Veronica Della Scala; Giuseppe Moscatelli; Andrea Paleri; Nicola Sbrozzi; Marinella Senatore; Angelo Sarleti; Diego Zuelli.
Testo critico
Dalla matita alla telecamera
di Matteo Chini
Il curriculum formativo delle professioni creative e l'insegnamento artistico in generale - da cui tutti gli artisti proposti in questa rassegna provengono - mantengono nel proprio ordinamento il ricordo di una antica priorità, quella del disegno come strumento di analisi della realtà e mezzo privilegiato per la costruzione dell'immagine. Dalle classi di anatomia a quelle di disegno dal vero, dall'abitudine a copiare modelli viventi fino alla didattica tradizionale di numerose classi di pittura, scultura, scenografia e decorazione, la pratica del disegno come fondamento dell'attività artistica resiste anche oggi come conoscenza basilare del fare arte. Un po' come lo è la matematica per le discipline scientifiche. Tuttavia il panorama dei mezzi usati per produrre e fare circolare immagini è mutato profondamente. Televisione, computer, cinema e fotografia dominano il nostro paesaggio mediale e costituiscono quasi per intero il patrimonio visivo contemporaneo.
Caratteristica comune di queste tecnologie è l'uso di un'apparecchiatura meccanica che sostituisce completamente la manualità dell'artista. La realizzazione mediata soppianta così le tecniche tradizionali fondate sul virtuosismo della resa, sul tocco, sull'ombreggiatura, sullo schizzo, in altre parole sul disegno.
Le nuove modalità di prelievo e di appropriazione del "reale" passano oggi per altre strade: lo scatto fotografico, la ripresa video, il download di dati e via dicendo.
Le informazioni ottenute con questi mezzi sono facilmente archiviabili nella memoria del computer e immediatamente disponibili a montaggi e rielaborazioni pressoché infiniti.
Il formato video in particolare permette di importare velocemente suoni ed immagini in movimento che potranno andare a costituire video, video installazioni, stampe fotografiche, cortometraggi e filmati della natura più varia. Ma esso ha sempre più anche il valore di un taccuino in cui fermare episodi, azioni, paesaggi, ricordi e considerazioni su cui intervenire successivamente. La stessa cosa succede in campo musicale. Alla complessa scrittura su pentagramma, i giovani musicisti preferiscono sempre più la veloce stenografia della registrazione (digitale, multitraccia o analogica e diretta) per salvare le proprie idee e realizzare demotape di prova.
L'arte entrata nella fase della post-produzione richiede dunque mezzi nuovi più duttili e veloci. Così che la bassa qualità e l'uso di una immagine "sporca" derivano oggi non dall'imprecisione degli strumenti tecnologici ma dalla pratica intenzionale degli artisti che privilegiano le idee sulla qualità della realizzazione e non si fanno distrarre dalla rifinitura sofisticata del montato.
Di qui la resa volutamente "Lo-Fi" di alcune delle opere in mostra. E di qui anche l'insistito ritorno su temi collegati alla grande possibilità di prelievo che ha l'apparecchiatura: la memoria, il comportamento, la biografia, l'identità e la differenza, il racconto e la ricerca "antropologica". Un realismo relazionale che costituisce il fulcro della ricerca nella maggioranza di questi artisti giovani ed emergenti
Nelle opere di animazione invece il senso di realtà è veicolato appunto da una robusta iniezione di bassa qualità che si oppone con forza all'assopimento dei sensi normalmente prodotto dal flusso audiovisuale televisivo.
Così accanto ad opere meno dirompenti se ne celano altre più originali. Tutte però parlano il linguaggio dell'attualità al di fuori di ogni formalismo, dando forma alle nostre speranze e alle nostre paure, senza attardarsi in problematiche ormai sparite dall'orizzonte contemporaneo.
Un'altra dimostrazione – se ce ne fosse bisogno – della grande vitalità del mezzo video, vera e propria "matita" contemporanea per registrare e rielaborare la realtà.