What Has Left Since We Left
Regia di Giulio Squillacciotti
Con Anna Brooks-Beckman, Janneke Remmers
Scritto da Daan Milius, Giulio Squillacciotti, Huib Haye van der Werf
Prodotto da Careof (I), Kingswood Films (NL)
Con il supporto di Italian Council (I), Limburg Film Fonds (NL)
Con il sostegno di Brand Cultuur Fonds, Dommering Fonds, Stichting Kanunniken Salden, SKY Arte | Arte Visione
In partnership con Everstory, Jan Van Eyck Academie, Museo Civico Castelbuono, Video Power
Il 7 febbraio 1992, il trattato costitutivo dell'Unione Europea venne firmato nella città olandese di Maastricht. Decenni dopo, i rappresentanti degli ultimi tre paesi rimasti in Europa si incontrano di nuovo, nella stessa sala, questa volta per deliberare la fine definitiva dell'Unione. In quella che sembra essere una seduta di terapia di gruppo, i tre personaggi - aiutati da un'interprete britannica auto-proclamatasi analista - provano ad affrontare e a gestire il senso della perdita. La conversazione permette ai loro legami politici e personali di intrecciarsi metaforicamente, costringendoli ad affrontare la loro crisi d'identità e riconoscere ciò che resta, ciò che non è più e ciò che potrebbe ancora essere la loro Unione.
Sinossi
What Has Left Since We Left è un film mono-canale ambientato nella sala principale della Provincia del Limburgo in Olanda, della quale Maastricht è capoluogo, la stessa dove nel 1992 fu firmato il trattato fondante l’Unione Europea. Il film ha come protagonisti tre personaggi, due uomini e una donna (tutti interpretati dall'attrice olandese Janneke Remmers), rappresentanti gli ultimi paesi membri dell’Unione Europea, riuniti nella stessa sala per firmare il trattato di chiusura definitiva dell’Unione, in un ipotetico futuro prossimo. Qualcosa è successo per cui siano rimasti in tre, qualcosa li ha portati a quella decisione definitiva.
Accanto a loro, un'interprete britannica, interpretata dall’attrice Anna Brooks-Beckman, diviene una sorta di terapista e li aiuta, dalla sua cabina di traduzione, a rivelare i loro sentimenti, a parlare di separazioni e di relazioni che ormai non esistono più. Il suo accento marcato, usato come "neutrale", porterà tutti i personaggi a parlare inglese, con un riferimento al fantasma di un paese non più nell’Unione.
Il film non indaga i possibili motivi per cui l'Europa sia arrivata alla fase finale, ma piuttosto sviluppa una sorta di seduta di terapia in cui i protagonisti parlano solo di sentimenti personali, relazioni amorose e problemi famigliari, tutti da considerarsi come metafore dei principali problemi europei, che hanno portato a questa sua fine immaginaria.
Problematiche legate a matrimoni e divorzi, il desiderio di lasciare un’eredità, questioni identitarie, rapporti di parentela divengono, nella sceneggiatura, analogie di BREXIT o dell'abbandono di uno stato, riferimenti a salvataggi, debiti e fallimenti; fenomeni migratori, integrazione e solidarietà.
La sovrapposizione di lingue, traduzioni e interpretazioni fa sì che i personaggi si fondano in un'unica entità con personalità diverse, come in una patologia riconosciuta di identità multipla - un processo visivamente aiutato dall'utilizzo di una singola attrice che interpreta tre ruoli.
Logline
Con l'aiuto di un'interprete britannica, gli ultimi tre paesi appartenenti all'Unione Europea tentano di superare il senso di perdita causato da un'Europa che non esiste più.
Statement
Tutto è iniziato con l'idea di un incontro senza tempo e a porte chiuse, immaginario - potenzialmente credibile - all'interno di un set contemporaneamente reale e dal valore simbolico per l'Europa, la Sala del Trattato di Maastricht.
Un purgatorio, un limbo decisionale dopo il quale qualcosa è cambiato nella storia dell'umanità, forse come fine, forse come inizio, in un ciclo ripetuto di vita, morte, linguaggio e interpretazioni.
Il film è una meticolosa ricostruzione di qualcosa che non è mai successo? O di qualcosa che potrebbe accadere?
Volevo realizzare un film sui fantasmi. Una specie di Christmas Carrol che si sovrappone a Groundhog Day, passando attraverso i corridoi di un manicomio. I tre fantasmi dell'Europa - il suo passato, presente e futuro (?) - usano ancora l'inglese britannico (un'altra presenza che tormenta la stanza) come lingua neutra per riprendere più e più volte una conversazione in un ciclo continuo dalla risoluzione indefinita.
Lo scopo di questo cortometraggio è riflettere - metaforicamente - sui principali temi europei inseriti e sviluppati in una conversazione familiare, usando problemi importanti come migrazione, Brexit o debiti e salvataggi statali, fusi in analogie come il divorzio, la cura dei bambini in un secondo matrimonio e il sostegno finanziario. Avere un'attrice che interpreta tre ruoli dovrebbe funzionare come una manifestazione di molteplici problematiche (e identità) incarnate in una singola entità.
Personaggi
Ruolo: L’interprete
interpretata da Anna Brooks-Beckman
Una donna britannica di 30 anni, abituata a stare dietro le quinte, esperta di linguaggio, interpretazione e metafore. Se il suo ruolo dovrebbe essere di tradurre cercando di far sì che le persone si capiscano, a prescindere da ciò che dicono, anche se affermano il contrario di ciò che lei ritiene essere vero, nel film invece usa le parole dei politici per sfidarli ad affrontarsi e condividere i loro problemi individuali, per aprirsi verso una migliore comprensione del senso di comunità, relazioni e parentela. Ha tre diversi livelli di recitazione: uno durante la traduzione in inglese dei discorsi dei politici; uno quando si rivolge direttamente alla telecamera; uno quando parla direttamente ai politici, dando possibili letture dei loro comportamenti, come farebbe un terapeuta.
Ruolo: Lucas Van Der Meers (politico)
interpretato da Janneke Remmers
All'inizio parla olandese, poi parlerà inglese. È un uomo olandese (la sua nazionalità non è rivelata nel film), sulla cinquantina, vestito di marrone. È il meno sicuro di sé dei tre politici. Essendo il primo a parlare, lo spettatore lo vede preparare e provare diligentemente il suo discorso. Ha una relazione con una donna al suo secondo matrimonio, con figli, e vivono tutti insieme. Vorrebbe avere dei figli dalla relazione, ma è combattuto per questioni di identità legate al dover sostenere i figli di sua moglie. Non riesce a gestire la situazione, perché ritiene che i suoi “veri” figli non si sarebbero così impigriti come insegnato loro dal padre biologico. È la metafora dei paesi che incolpano i migranti e la necessità dell'integrazione.
Ruolo: Raymond Dubois (politico)
interpretato da Janneke Remmers
All'inizio parla francese, poi parlerà inglese. È belga (la sua nazionalità non è rivelata nel film), ha circa 50 anni, è vestito di blu / azzurro. È sicuro di sé. È piuttosto distratto e guarda costantemente sul suo telefono. Attraverso le intuizioni dell'interprete, sappiamo che è nel mezzo di un divorzio, è leggermente spaventato, ma consapevole di dover stabilire un nuovo tipo di relazione con la sua ex moglie e i suoi figli che non fanno più parte della famiglia. È la metafora della Brexit, della partenza di uno stato membro e del limbo dei negoziati.
Ruolo: Amalia Schneider (politica)
interpretata da Janneke Remmers
All'inizio parla tedesco, poi parlerà in inglese. È tedesca (la sua nazionalità non è rivelata nel film), ha circa 50 anni, è vestita di bianco / grigio. È una donna forte. Al suo secondo o terzo matrimonio, senza figli. Come donna ha dovuto lottare per arrivare dove si trova, e, dopo averlo fatto, ha guadagnato più potere di molti uomini intorno a lei. Ma questo l’ha obbligata a diventare provocatoria, atteggiamento che, nel profondo, dimostra un prezzo elevato da pagare. Propone soluzioni ai problemi degli altri. È la metafora per i paesi considerati paradiso fiscale, degli investimenti sbagliati tramite hedge funds e dei salvataggi dei paesi del sud in bancarotta.
Giulio Squillacciotti
Giulio Squillacciotti (Roma 1982). Artista, regista e ricercatore, vive e lavora tra Maastricht (NL) e Milano (I). È stato 2018/2019 Fellow Resident presso la Van Eyck Academie di Maastricht ed è stato uno degli artisti del Padiglione Olandese della 16ma Biennale di Architettura di Venezia del 2018. Ha studiato Storia dell’Arte Medievale a Barcellona e a Roma, dove nel 2006 ha conseguito una laurea (BA) in Scienze Umanistiche. Ha poi ottenuto un master con lode (MA hons) in Arti Visive presso l’Università di Architettura IUAV di Venezia. Nel 2010 è stato selezionato per il Corso Superiore in Arti Visive della FAR con Walid Raad. È stato borsista presso la Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia. Il suo lavoro si basa sull’indagine di narrative possibili, la sofisticazione di eventi reali di matrice storico-antropologica, gli apici culturali e la maniera in cui le tradizioni prendono nuove forme cambiando contesto. Usando il film, il documentario, l’audio e la scenografia, Squillacciotti produce indagini, frutto di una ricerca accademica, che rivisitano la storia, costruendo nuove narrative a partire da prospettive soggettive, racconti, reperti, credenze religiose e cultura popolare.
www.giuliosq.com
Note tecniche
Titolo: What Has Left Since We Left
Tipologia: Short Film Fiction
Giugno 2020
Nazioni di Produzione: Italia, Olanda
Riprese realizzate in: Olanda
Durata: 20 minuti
Shooting format | Aspect Ratio: 4K Video | 1.33:1 [4:3]
Lingua | Audio: Inglese | Stereo
Regia di: Giulio Squillacciotti
Con: Anna Brooks-Beckman, Janneke Remmers
Scritto da: Daan Milius, Giulio Squillacciotti, Huib Haye van der Werf
Prodotto da: Careof (I), Kingswood Films (NL)
Produttori: Marta Bianchi, Bas Geelen, Vincent Konings, Lia Manzella
Produttore esecutivo: Bas Geelen
Fotografia: Dennis de Pijper, Kasper van 't Hoff
Suono: Ivo Bemelmans, Lars Henderiks
Musica: Luca Bolognesi
Realizzato grazie al sostegno di: Italian Council (6. edizione, 2019), Limburg Film Fonds (NL)
E con il supporto di: Brand Cultuur Fonds, Dommering Fonds, Stichting Kanunniken Salden, SKY Arte | ArteVisione
In partnership con: Everstory, Jan Van Eyck Academie, Museo Civico Castelbuono, Video Power
Progetto realizzato grazie al sostegno di Italian Council (6. edizione, 2019), programma dellaa Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo per promuovere l’arte contemporanea italiana nel mondo.
Cast e crediti
Unit Production Manager: SAMMY WISNIEWSKI
First Assistant Director: VINCENT KONINGS
Second Assistant Director: SUZANNE CRANEN
First Assistant Camera: JESPER REY
Gaffer & Key Grip: JORIS PESKENS
Best Boy: ROBBE MEYKENS
Crane Operator: JORIS GEURTS
Sound Recordists: IVO BEMELMANS, LARS HENDERIKS
Costume Designer: SANNE PUYK
Costume Assistant: MERIJN MALS
Make Up & Hair: SASJA JANS
Production Designer: KIM HOTTERBEEKX
Art Assistant: TIBOR VAN DOREMALEN
Color grading: ANTON
Audio Mix & Foley: FREEK PHILIPPI
Production Assistants: LARISSA HERMELER, WOUTER VAN DER KNAAP, JODY SCHOUTEN
G&E Assistants: KAJ CUIJPERS, DANIEK LAUTENBACH, JARRETT PRINS, NINO VALQ
Still Photography: JORIS HILTERMAN
Catering: MAUD BERGS
Location Coordinator: JOHN ALBERTZ
Location Manager: BAS GEELEN
Location Guards: MICHA JEURISSEN, PATRICK WELTEN, HARRIE LIEBEN
Rentals: EGRIPMENT/MOUNTTEC (NL) SHOOTBY (NL)
LUCKY CAMERAS (BE)